Secondo un concetto olistico, noto da millenni nella cultura orientale, tutti gli elementi fondanti della vita dell’uomo, atteggiamento mentale, attività fisica, stile di vita e alimentare, riconducono ad un’unica sintesi globale di cui lo stato di salute o malattia è l’ espressione più evidente.
L’alimentazione umana riguarda solo in parte il bisogno di alimentarsi per sopravvivere ma in una visione molto più ampia comprende significati simbolici articolati. L’alimentazione va oltre il cibo che si assume e produce delle cosiddette proteine simboliche che nutrono e si riferiscono alla sfera psicologica in un rapporto biunivoco. Il cibo è comunemente rivestito di un significato apparentemente lontano dalla sua essenza; infatti consola, gratifica, tiene compagnia, premia, punisce. Tuttavia vi è un altro aspetto comunemente poco considerato dell’alimentazione: il nutrirsi per curarsi e mantenere il proprio stato di salute. La famosa frase di Ippocrate “Siamo ciò che mangiamo” va intesa dunque in maniera molto più ampia: siamo ciò di cui ci nutriamo, siano esse emozioni, pensieri o cibo.
Essere consapevoli dell’aspetto curativo e della valenza a livello psicologico del cibo può cambiare il punto di vista ed offrire una nuova prospettiva in termini di consapevolezza e possibilità di agire, determinando il nostro stato di salute.
L’intestino, osservato da un punto di vista olistico, non è soltanto l’ ultima porzione dell’apparato digerente deputata all’assorbimento ed all’espulsione delle sostanze di scarto. Esiste un parallelismo tra cervello ed intestino. Già nel 1833[1] la medicina ha riconosciuto questo meraviglioso organo come il nostro “Secondo cervello”. Nell’intestino infatti vi è una rete di cellule molto simili a quelle del sistema nervoso che inviano segnali ai vari organi del corpo. In particolare il cervello addominale e quello mentale dialogano di continuo, si scambiano messaggi e si influenzano a vicenda.
Ciò ci consente di intuire come qualsiasi nostra emozione possa produrre un danno o un beneficio per l’intestino e viceversa, come un danno o un miglioramento dell’ organo possa modificare il nostro tono dell’umore. Le persone soggette ad irregolarità intestinale, ad esempio, soffrono di mal di testa, irritabilità, stanchezza. Secondo lo stesso principio individui stressati e particolarmente emotivi o ansiosi, sono facilmente soggetti ad infiammazione intestinale e disturbi correlati.
Il cervello intestinale non è il solo ad influire sulla nostra sfera emotiva. L’intestino ė interamente abitato da batteri, che costituiscono il Microbioma. Ognuno di noi nasce sterile ed i primi contatti con questi ospiti sono la vagina, il seno materno, l’aria, il contatto con i familiari, gli oggetti, il cibo. In base a questi diversi fattori ognuno possiede una particolare flora batterica che è diversa da persona a persona e può essere considerata come una vera e propria impronta digitale.
Il cibo che consumiamo ed il nostro stile di vita influenzano lo svilupparsi ed il mantenersi di tale impronta, il cui equilibrio è fondamentale per la salute arrivando persino ad influenzare le nostre scelte alimentari. Ogni batterio infatti cercherà di ottenere le condizioni ideali per la sua sopravvivenza e per fare questo potrà entrare in competizione o cooperazione non solo con gli altri batteri ma anche con l’ospite-noi-generando “voglie” di cibi che contrastano il proliferare dei loro concorrenti. Ad esempio la candida, nutrendosi di zuccheri, è responsabile del desiderio di alimenti dolci.
Dal punto di vista fisiologico più numerosi sono i “batteri buoni” meno spazio c’è per quelli cattivi e più forte è l’azione protettiva sulla mucosa intestinale che fa da “barriera” contro l’ingresso nel sangue di microrganismi nocivi. Deduciamo dunque che l’equilibrio del nostro intestino è vitale e quando si altera si evidenziano episodi di gonfiore addominale, alterazioni dell’alvo (irregolarità intestinale), meteorismo, infiammazione della parete addominale, stanchezza, irritabilità. Avere un intestino in equilibrio è la chiave per poter raggiungere uno stato di buna salute.
Il primo passo per ripristinare l’equilibrio fisiologico dell’organismo è “pulire l’intestino”, mantenerlo tale e ben nutrito.
Il terreno intestinale pulito ed integro favorisce ed ottimizza l’assorbimento sia dei nutrienti alimentari necessari per perseguire lo stato di salute, sia dei principi attivi di derivazione fitoterapia, omeopatica o dei farmaci salva vita. Grazie ai suoi 300 metri quadri di estensione, la mucosa intestinale costituisce il fronte immunitario più importante dell’organismo svolgendo un ruolo attivo nelle nostre difese immunitarie.
Tutti abbiamo sperimentato almeno una volta quanto l’emotività possa ripercuotersi sul sistema gastroenterico. Ciò sarebbe da ricondurre allo stretto collegamento che c’è tra intestino e cervello ma si ipotizza anche il contrario, ovvero che siano proprio alcune problematiche intestinali a favorire lo sviluppo di alcune forme di ansia e depressione. Con le intuizioni individuate dalla PNEI[2] (Psico-Neuro-Endocrino- Immunologia) non è possibile scindere le problematiche del sistema nervoso, endocrino, immunitario e della psiche in maniera separata. I sistemi si influenzano reciprocamente. Utilizzano molecole e mediatori chimici che al tempo stesso possono fungere da neurotrasmettitori, ormoni e citochine. I due cervelli, quello centrale e quello enterico, gestiscono un fitto dialogo: si tratta di relazioni in entrambe le direzioni e che vanno dal primo al secondo e viceversa.
Secondo il Prof. Micheal D.Gershon[3] della Columbia University, l’intestino pur avendo solo un decimo dei neuroni del cervello, lavora in modo autonomo. Aiuta a fissare i ricorsi legati alle emozioni ed ha un ruolo fondamentale nel segnalare gioia e dolore. Non a caso le cellule dell’intestino producono il 95% della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere.
Sempre secondo il prof Gershon, la quantità di messaggi che il cervello addominale invia a quello centrale è pari al 90% dello scambio totale, per la maggior parte si tratta di messaggi inconsci che percepiamo solo quando diventano segnali di allarme e scatenano reazioni di malessere. La pancia “sente”: metabolizza emozioni, smista informazioni, reagisce alle sollecitazioni dell’ambiente circostante, soffre e gioisce.
Sono molte le malattie che provocano disturbi dell’apparato gastrointestinale ma non sempre dietro un addome costantemente gonfio ed affaticato c’è una patologia; più facilmente si tratta di un riequilibrio globale che come conseguenza può condurre ad una malattia vera e propria.
Non tutti sono consapevoli del fatto che lo stress prolungato nel tempo è un fattore responsabile dell’esaurimento delle riserve nutritive con conseguente sviluppo di infiammazione. L’adrenalina ed il cortisolo, ormoni dello stress, hanno un’azione diretta sull’apparato digerente stimolandolo a lavorare al minimo e rallentando così la sua funzionalità. La gestione dello stress è differente tra persona e persona. Esiste la possibilità di imparare uno stile di adattamento allo stress, allenando la propria capacità di resilienza. Considerando però il rapporto biunivoco che lega i “due cervelli”, possiamo iniziare ad aiutare il corpo stressato mangiando sano. Diventa dunque importante seguire uno stile di vita che comprenda alimenti di origine preferibilmente biologica quali ortaggi e frutta di stagione, cereali integrali, pseudocereali, legumi, pesce, semi oleaginosi, il tutto accompagnato dall’esercizio fisico quotidiano.
L’approccio olistico riconosce la malattia come la risultante di un livello tossico che ha superato il limite di tollerabilità del corpo ed il conseguente tentativo dell’organismo di eliminare le tossine. L’intestino dunque e di riflesso l’organismo intero, è coinvolto in un processo di detossificazione delle sostanze di scarto (tossine) accumulate negli anni. Le tossine che il nostro corpo accumula sono di due tipi: endogene, ovvero prodotte dai processi metabolici che ci consentono di vivere (digestione e respirazione) e di tipo esogeno, derivanti da fattori esterni come la moderna alimentazione tipica del mondo occidentale basata essenzialmente su carne, latte e derivati e zuccheri, nonché su prodotti confezionati pieni di conservanti.
Il processo di disintossicazione consente all’organismo di eliminare le tossine che, se non correttamente smaltite, diventano inevitabilmente causa di stati infiammatori in varie sedi dell’organismo. Per questo motivo il sovraccarico di scorie è molto spesso la causa scatenante di mal di testa, dolori muscolari, ritenzione dei liquidi. Quest’ultima infatti deriva dal tentativo dell’organismo di “diluire” il carico delle tossine al fine di limitare i danni infiammatori.
Quali meccanismi interiori ci indurrebbero ad intraprendere un percorso di prevenzione o miglioramento del nostro stato di salute? E’ sufficiente desiderare per ottenere? Dopo aver letto questo articolo intuiamo cosa andrebbe fatto per favorire il nostro benessere. Spesso però ci si trova a fare tutt’altro. Ciò accade per quelle che definiamo “abitudini”. Spesso ci si relaziona con uno scollamento tra “ ragione” e “azione”, in cui abbiamo conoscenze del “cosa fare” ma allo stesso tempo un’incapacità di mettere in pratica questo “cosa” con un “come”. Ciò costituisce un vero conflitto interiore di cui non si ha spesso consapevolezza ma di cui percepiamo gli effetti in termine di frustrazione, ansia, disturbi dell’umore.
Conoscere informazioni corrette costituisce la base per potersi mettere in cammino verso la salute, verso il raggiungimento di uno stato di benessere psico-fisico. Questo articolo ne costituisce il punto di partenza! Buon lavoro!
Patrizia Belilli
[1] Le prime evidenze pubblicate risalgono al 1833 grazie all’opera del chirurgo americano William Beaumont.
[2] Psiconeuroendocrinoimmunologia. Il merito di aver introdotto la PNEI in Italia va a due grandi studiosi Umberto Scapagnini, farmacologo dell’Università di Catania, e Paolo Pancheri, direttore della terza clinica psichiatrica della prima università romana.
[3] “The Second Brain”- Micheal D. Gerson