La psicodiagnostica è una branca della psicologia ed una delle competenze più importanti per uno psicologo. Essa è l’attività tesa a valutare, descrivere e comprendere le caratteristiche più profonde della personalità di un individuo. Per giungere a queste informazioni lo psicologo si avvale di numerosi strumenti quali: il colloquio clinico, le interviste, i questionari, le valutazioni osservative, gli esami neuropsicologici ed i test. A seguito della raccolta, della sistematizzazione e dell’interpretazione, delle informazioni ricavate, l’esperto può stilare un assessment psicologico del paziente, una sua valutazione globale. Si può quindi vedere che l’assessment psicologico è una componente basilare della pratica psicologica (Kaslow et al., 2017). Una componente di questo è l’assessment di personalità, ed offre numerose informazioni. Gli assessment di personalità hanno un ampio impiego in vari settori quali l’assistenza sanitaria, il luogo di lavoro e nelle forze dell’ordine (Kaslow et al., 2017).
La valutazione psicodiagnostica comprende tre momenti ben definiti: un colloquio con la persona; la somministrazione di test; la stesura della relazione psicodiagnostica con annessa restituzione. Durante il colloquio conoscitivo lo specialista indaga le motivazioni che hanno spinto la persona a richiedere questo tipo di aiuto; si indagano lo stato attuale, la storia della vita della persona, la predisposizione per dei problemi psicologici che corrono nella famiglia. Durante il colloquio, il clinico ascolta il paziente, e pone domande con il fine di chiarire o di indagare nello specifico le ideazioni espresse dal cliente, e, spesso, utilizza il rimando per attestare di aver compreso l’ideazione. Si prendono copiosi appunti dei comportamenti e degli atteggiamenti del cliente e, quando possibile, si utilizzano strumenti di registrazione e di videoregistrazione.
A seguito del colloquio e della raccolta di dati il professionista sceglie quale dei numerosi test ed interviste somministrare, in base alle esigenze del caso. Esistono, però, numerosi reattivi: si può optare per test di livello e sviluppo, meglio noti come test d’intelligenza, come la scala WAIS (Wechsler Adult Intelligence Scale), oppure i test di personalità come la scala MMPI (Minnesota Multiphasic Personality Inventory) o il Test di Rorschach (Mucciarelli, Chattat, Celani, Teoria e pratica dei test, Piccin, 2001), o anche per dei test neuropsicologici, per valutare la presenza di disfunzioni a livello di sistema nervoso centrale.
I test di livello misurano degli aspetti psicologici in modo quantitativo, cioè empirico e servono a constatare se la persona esaminata possieda delle caratteristiche psicologiche. Bisogna sottolineare, però, che il livello un test, a livello statistico, è in rapporto alla media dei risultati ottenuti dai soggetti utilizzati per la creazione del suddetto. Ne consegue, quindi, che per quanto rappresentativo della persona, per quanto preciso e necessario, un test non basterà mai a capire a pieno l’individuo che l’esperto ha di fronte, ma è un buon punto dal quale iniziare.
I test di personalità si compongono in buona parte di test proiettivi, strumenti che, sebbene con un diverso livello di strutturazione dello stimolo, si fondano sulla teoria della proiezione. Il soggetto con queste tecniche tenderà a trasporre esternamente le proprie pulsioni poiché tenterà di dare un significato allo stimolo poco definito al quale è sottoposto. Cosa importante in queste prove è la vaghezza del clinico per favorire l’espressione personale della persona.
I test neuropsicologici, invece, vengono adoperati quando vi è il sospetto di un deficit cognitivo su base organica. Tra questi uno dei più esemplari è il MMSE (Mini Mental State Examination), per la valutazione globale dell’efficienza cognitiva.
Infine, avviene la restituzione, un colloquio con il soggetto che ha richiesto i test. In questa fase, cruciale come le altre, vengono restituiti al paziente i risultati del test e chiariti i punti a lui poco comprensibili dal terapeuta. Vengono spiegati dunque la situazione e i problemi del paziente, e le modalità d’intervento più efficaci al caso specifico. Questo colloquio, spesso, tende a concludersi ed a tradursi in un momento d’indicazione e contrattazione terapeutica con il paziente.
Sebbene, esistano molti test, è necessario, però, che il clinico abbia una buona preparazione tecnica dello strumento che impiega oltre ad una consapevolezza delle dinamiche che una situazione del genere può suscitare in lui e nel soggetto, e quindi deve creare un’alleanza diagnostica per evitare le influenze soggettive delle due parti.
In conclusione, l’assessment è un’attività che richiede ampie competenze di base, tra le quali la psicometria e l’interpretazione dei test, una conoscenza lavorativa del funzionamento psicologico e della psicopatologia, un equilibrio tra flessibilità e scetticismo e l’uso del proprio intuito.
Federico Silvestri
BIBLIOGRAFIA:
Nadine J. Kaslow, J. Tyler Finklea & Ginny Chan (2017). Personality Assessment: A Competency-Capability Perspective. Journal of Personality Assessment.
Mucciarelli, R. Chattat, G. Celani (2001). Teoria e Pratica Dei Test. Piccin editore.
A. Semi (2016). Tecnica del Colloquio, Raffaello Cortina Editore.
Lis, P. Venuti & M.R. De Zordo (1998). Il Colloquio come Strumento Psicologico. Giunti Editore.